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venerdì 14 novembre 2014

Chiusa l’era Mazzarri si riapre quella di Mancio/bis: ora si spera di dare una spallata alle negatività che attanagliavano i tifosi e un po’ tutto l’ambiente

Giunse in Corso V. Emanuele quasi in punta di piedi. Era una tiepida giornata quella del 24 maggio 2013, e Moratti pensava di poter dare una svolta tecnica alla squadra dopo aver sperato invano di farlo col giovane Stramaccioni e dopo alcuni altri (fallimentari) esperimenti del dopo Mourinho: vedi Benitez, Leonardo (comunque il meno peggio), Gasperini e Ranieri. Walter Mazzarri firmò il suo accordo con la squadra che rappresentava il suo maggior traguardo in carriera. L’ex tecnico di Reggina, Samp e Napoli, dopo 18 mesi in nerazzurro (58 partite e 25 vittorie) viene sollevato dall’incarico di allenatore e sostituito da colui che nell’era Moratti ha più vinto in Italia, tale Roberto Mancini 50 anni da Jesi, Ancona. Marchigiano puro e sanguigno, vincente da calciatore e altrettanto come tecnico. Alla sua prima avventura interista dal 2004 al 2008, la sua ultima gara della prima era culminò con il suo 3° titolo tricolore nell’uggioso pomeriggio del “Tardini” in quel suo ultimissimo sigillo acciuffato nella ripresa col Parma e doppietta di Ibra al seguito. Tre scudetti, due Coppe Italia e altrettante Supercoppe, nel curriculum nerazzurro di “Mancio”, prima di provare l’avventura inglese col Manchester City (3 trofei vinti, di cui una Premier) e successivamente quella turca con i colori del Galatasaray. Dopo ben 2359 giorni d’assenza dalla Pinetina, Roberto Mancini torna ad essere il trainer dell’Inter; l’accordo prevede un ingaggio approssimativo intorno ai 4 milioni di euro netti a stagione sino a giugno 2017 oltre i bonus. La “depressione” del popolo nerazzurro può dirsi finalmente scongiurata dopo l’esonero di Mazzarri e l’arrivo del Mancio/bis. Cosa cambia tatticamente: il cambio può considerarsi totale. Dal 3-5-2 del toscano si passa al 4-4-2, dove Vidic e un po’ tutto il pacchetto arretrato riabbraccerà ben volentieri il prossimo nuovo modulo. Considerando capitan Ranocchia e Namanja Vidic due centrali imprescindibili, a Juan Jesus potrebbe essergli chiesto di tornare a presidiare la corsia mancina; mentre in quella opposta potrebbe agire Jonhatan, sperando che l’italo-brasiliano possa risolvere velocemente i propri acciacchi fisici. L’alternativa naturale potrebbe essere l’incursore napoletano Danilo D’Ambrosio. Memori dell’ultima Inter manciniana (2008), il mediano potrebbe essere lo stesso Medel, con Kovacic nei panni del play avanzato; esternamente potrebbero agire verosimilmente Hernanes (a ricalcare il ruolo che fu di Vierà 7 stagioni addietro) e con un laterale puro, che può essere sia il giovanissimo Dodò che il franco-congolese M’Vila (difficile che uno fra Kuzmanovic, Nagatomo o Guarin possa essere considerato un titolare per questa delicata posizione). Insomma, a uno di questi si chiederà che possa rincarnare lo spirito e l’ardore agonistico di un certo Javier Zanetti; non un compito semplice-semplice. Coppia d’attacco di partenza quella attuale, ossia Icardi-Palacio, ma con ampia fiducia allo stesso Osvaldo. Insomma, non sarà compito facile quello di far tornare grandissima la Beneamata, ma, dopo l’operazione antipatia con il tecnico di S. Vincenzo si è passati a un progetto ben più  credibile, dove il verbo “sognare” per i tifosi nerazzurri non possa apparire più un’utopia ma una autentica speranza.

Scritto da Filippo Rattile





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